panchina cosimo fornaro - gianfranco vitti
(PIAZZA IMMACOLATA)
L'ARTISTA
GIANFRANCO VITTI
Si laurea all’Accademia delle Belle Arti di Lecce in Pittura, coltivando parallelamente la passione per il fumetto. È co-fondatore e insegnante del LABO “laboratorio di fumetto”, con il quale ha realizzato Ta-Dan e poi la serie Experiment. È autore dei volumi editi da Lavieri “Le indagini di Andrè Dupin” e “Montmartre”.
RIFERIMENTI LETTERARI
COSIMO FORNARO
Nato a Pulsano (Taranto) si laureò in lettere classiche con percorso italianistico e insegnò presso il Liceo Classico Archita di Taranto. Fu singolare esegeta della Commedia dantesca proponendo nuove chiavi di lettura del Poema nel suo volume Costellazione Dante (Edizioni Borla 1989). Nel 1976 vinse il Premio Viareggio opera prima poesia con la raccolta di versi Pensieri sottovoce (Cartia Editore).
Quale consigliere nazionale della Società Dante Alighieri, ne coordinò le attività in Italia e all’Estero. Fu nominato anche responsabile della divulgazione della cultura italiana all’estero dal Ministero della Pubblica Istruzione. Fu ideatore e fondatore del Premio Letterario Ori di Taranto ed anche promotore di avvenimenti ed incontri culturali con esponenti della cultura nazionale tra cui Leonardo Sciascia, Mario Soldati, Gianfranco Ravasi ed altri. Sempre attento e sensibile alla situazione culturale e socio-economica della propria città, il 18 aprile 1990 pubblicò sul Corriere della Sera un lungo articolo dedicato a Taranto e ai suoi molti persistenti problemi. Morì a Taranto nel 1992.
Lo snodo tra poesia e percorso narrante in Cosimo Fornaro, è dato dallo sviluppo di un linguaggio tutto metafisico. Una metafisica abitata, fino in fondo, dalla testimonianza sia umana che spirituale. La sua poesia è il leggere il tempo della spiritualità con il vissuto e con i tasselli della memoria. Il suo narrare è recuperare la visione del centro nella individuazione del personaggio. La poesia è linguaggio lirico nel momento in cui la parola perde gli orizzonti e ritrova il senso. Fornaro ci indica due percorsi. Il pensiero che diventa un archetipo di pensieri. Il silenzio che diventa un toccare i segni dell’altro in sottovoce. È un preludio il suo primo libro scavato oltre il porto sepolto. Pensieri sottovoce, da cui è tratto “Non fate più croci”
Non fate più croci
Ridatemi il mio cielo
fiorito di aquiloni:
l’avete ferito a morte
con cuspidi di ferro e bocche di cemento
che sputano veleni
che mi separano dall’alto.
Ridatemi il mio mare
odoroso d’infanzia
senza ombra di macchia.
Ma io esisto ancora in una palma
che pensa e che si pensa
malinconica sognando
anfiteatri di luce
e nidi di stelle
in una notte azzurra di sgomento
e di rimpianto.
Mi cantano in cuore paesi innocenti
paradisi di natura incontaminata:
piane remote impolverate di sole,
sole di verde orlate d’orizzonte.
Non riesco a domare una smania
di sentirmi più uomo
più amico di queste pietre,
che non sono soltanto ricordi
ma il mio presente-passato che vedo dissolto in cenere
come campo bruciato.
Mi hanno inquinato l’anima:
vogliono farmi credere
che la natura è il traffico, la città;
che si può gettare sulla strada il figlio
insieme all’acqua sporca della vasca;
che l’uomo è un animale
da incidente stradale.
Strappatemi il cuore cittadino,
io voglio il mio cuore di fanciullo.
Non mi inquinate il pane,
lo so che devo morire,
ma non piantate più croci
in questo paese,
piantate alberi e case
piantate case di legno;
vi prego,
col legno non fate più croci.
Ascolta “Non fate più croci” letta da Giorgio Consoli